Corso di Teoria della letteratura – Università di Padova
Lezione XXII – 21 novembre 2000
Argomento
Brandalise riprende il discorso sul rapporto tra Don Chisciotte a Sancho Panza, combinando le Meditaciones orteghiane con il Pensamiento de Cervantes di Amerigo Castro. Se Ortega sostiene che “io sono io e la mia circostanza”, Amerigo identifica Sancho Panza con la “terribile circostanza” di Don Chisciotte: lo scudiero si rivela quindi l’elemento necessario per uno sviluppo non autistico del delirio di Don Chisciotte.
La coppia è qualcosa di più della somma dei due attori, mette in moto la dinamica stessa che chiamiamo Don Chisciotte. Da qui lo spunto per un’analisi – via Hegel, Melville e Nanni Moretti – del funzionamento dei personaggi in Shakespeare e Cervantes, dove questi rappresentano al contempo la propria finzione e la propria verità che, attraverso di loro, parla.
Don Chisciotte balza fuori dalla realtà: ma come identificare questa realtà senza assecondare il suo balzo? Così nel Coloquio de los perros di Cervantes, dove due cani parlanti riflettono sul loro essere due miseri cani, nonostante la parola: l’interrogazione del reale nei suoi aspetti più materici è un tratto peculiare della cultura spagnola, che ha il suo apice nelle Pinturas negras di Goya. la definizione di realtà origina quindi sempre da un eccesso che può essere inteso come follia. In tal modo il continuo tendere della realtà di Sancho verso il delirio di Don Chisciotte fa da controcanto al ripiegarsi della follia del cavaliere sul mondo esterno, con irresistibile effetto di rilancio.